Greene Graham - 1932 - Il treno d'Istanbul by Greene Graham

Greene Graham - 1932 - Il treno d'Istanbul by Greene Graham

autore:Greene Graham [Greene Graham]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788804553366
editore: MONDADORI
pubblicato: 2006-03-13T23:00:00+00:00


Parte quarta

Subotica

I

Il ricevitore telegrafico, nell’ufficio del capostazione di Subotica, ticchettava; puntini e linette si riversavano nella stanza deserta. Lukitch, l’impiegato, sedeva in un angolo dell’ufficio bagagli e imprecò contro i suoni fastidiosi attraverso la porta aperta. Ma non si diede la pena di alzarsi. «Non può essere importante a quest’ora» spiegò all’altro impiegato e a Ninitch, un giovanotto in uniforme grigia, una delle guardie di frontiera. Mescolò un mazzo di carte e nello stesso momento un orologio batté le sette. Fuori, un vago sole si diffondeva sulla neve grigia, quasi sciolta, e le rotaie bagnate luccicavano. Ninitch sorseggiò il bicchiere di rakia; il forte vino di prugna gli faceva venire le lacrime agli occhi; era giovanissimo.

Lukitch continuò a mescolare le carte. «Di che cosa si può trattare, secondo te?» domandò l’altro impiegato dell’ufficio spedizioni. Lukitch scosse la nera testa arruffata. «Non si può saperlo, naturalmente. Però non mi meraviglierei di nulla. Le servirà di lezione.» L’impiegato dell’ufficio spedizioni si mise a ridacchiare. Ninitch alzò gli occhi scuri che, all’infuori dell’ingenuità non contenevano alcuna espressione, e domandò: «Servirà di lezione a chi? Di che donna parli?». Nella sua immaginazione, il telegrafo prese a parlare con voce imperiosa e femminea.

«Ah, voi soldati» disse l’impiegato dell’ufficio spedizioni. «Non sapete neppure la metà di quel che succede.»

«Questo è vero» disse Ninitch. «Gironzoliamo per ore e ore di seguito con la baionetta inastata. Non scoppierà mica un’altra guerra, per caso? Dalle baracche alla stazione e viceversa, non abbiamo il tempo di vedere niente.» Ta-ta-ta-taaa, faceva il telegrafo. Lukitch suddivise il mazzo in tre mazzetti uguali; le carte a volte si appiccicavano e lui si leccava le dita per separarle. Dispose i tre mazzetti l’uno accanto all’altro dinanzi a sé. «È probabile che sia la moglie del capostazione» spiegò. «Quando se ne va per una settimana gli manda telegrammi nelle ore più strane, ogni giorno. A sera tardi, o la mattina presto. Pieni di espressioni tenere, e a volte in rima: “Ti penso con amore e ti bacio con ardore” oppure “Ti ricordo fedelmente e tanto teneramente”.»

«Perché fa una cosa simile?» domandò Ninitch.

«Teme che possa essere a letto con una delle serve. Crede che possa cambiare idea ricevendo un telegramma proprio al momento giusto.»

L’impiegato dell’ufficio spedizioni ridacchiò. «E naturalmente il bello è che lui le serve non le guarda neppure. Se sua moglie sapesse che preferisce tutto l’opposto.»

«Scommettete pure, signori» disse Lukitch, e li scrutò attento mentre posavano monete di rame su due dei mazzetti di carte. Poi scoprì ognuno dei mazzetti. Nel terzo, sul quale non era stato posto denaro, si trovava il fante di quadri. Lui smise di coprire le carte e intascò il denaro. «Vince il banco» disse, e passò le carte a Ninitch. Era un gioco semplicissimo.

L’impiegato dell’ufficio spedizioni spense il mozzicone della sigaretta e ne accese un’altra, mentre Ninitch mescolava le carte. «Hanno portato altre notizie quelli del treno?»

«A Belgrado tutto è tranquillo» disse Lukitch.

«Il telefono funziona?»

«Macché.» Il telegrafo aveva smesso di ticchettare e Lukitch emise un sospiro di sollievo. «L’ha fatta finita, meno male.



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